In occasione delle festività natalizie dal 21 dicembre al 6 gennaio sarà visibile al MEI la clip “1931 brillano le luci a Manatthan” che racconta la storia tutta italiana dell’albero del Rockfeller Center di New York sia nel museo nazionale dell’emigrazione italiana a Genova che nel Museo del Novecento e della Shoah di San Donato Val di Comino (FR). Nata da un’idea di Paolo Masini Presidente della Fondazione del Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana e Luca Leone del Museo del Novecento e della Shoah, la clip vuole raccontare attraverso immagini e materiali , anche inediti, la storia del primo albero realizzato nella piazza del Rockefeller Center.
Pochi sanno che quest’albero, definito il “più bello del mondo”, è nato la vigilia di Natale del 1931, da un’idea di Cesidio Perruzza, realizzato assieme ad altri emigrati italiani. «La storia legata alle origini dell’albero di New York» spiegano Paolo Masini e Luca Leone del Museo «viene alla luce nel 1999 quando l’ex governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo, regala una fotografia alla famiglia di Cesidio Perruzza. È la riproduzione di una vecchia foto, datata 24 dicembre 1931.
In primo piano ci sono oltre sessanta lavoratori emigranti italiani, in fila per ritirare la paga settimanale. Si trovano a Manhattan, nei pressi della Cattedrale di San Patrizio, nel cantiere edile dove stanno scavando le fondamenta del grattacielo “RCA Building” (30 Rockefeller Plaza), cuore del Rockefeller Center. Dietro di loro fa bella mostra un albero di Natale, decorato con ghirlande e con l’alluminio dei detonatori, usati per rompere la roccia e spianare la piazza. Tra gli operai si riconoscono: Cesidio Perruzza, capo-operaio e ideatore dell’albero; il fratello Loreto; Antonio Ventura, anche lui di San Donato; tanti colleghi provenienti dall’Irpinia e Antonio Salimbene, strenuo difensore dei braccianti italo-americani. L’albero venne realizzato per ringraziare Rockefeller, il loro datore di lavoro. Dietro la foto, Mario Cuomo scrive: “New York ringrazia la gente di San Donato Val di Comino”. Più sotto conclude, con l’orgoglio di chi è figlio di italiani emigrati: “Sono Salernitano”».
L’albero di New York nacque negli anni difficili della Grande depressione. La crisi del 1929 devastò l’economia mondiale, i disoccupati furono tanti, il lavoro poco e gli emigrati pagarono la crisi a caro prezzo, tant’è che molti di loro furono costretti a ritornare in patria, sconfitti nelle ambizioni e con pochi dollari in tasca. Chi decise di restare lo fece accettando lavori duri e spesso pericolosi. Ad esempio, quelli rimasti a New York lavorarono alla costruzione di piazze, strade, grattacieli, metropolitane. Il loro “saper fare” non si fermò mai, nemmeno alla Vigilia di Natale. «Cesidio Perruzza – racconta Enrico Pittiglio, sindaco di San Donato Val di Comino - nacque nel nostro paese ne1882. A diciannove anni, nel 1901, raggiunse gli Stati Uniti dove fu assunto come operaio, specializzato nell’uso della dinamite e degli esplosivi. Un lavoro rischioso, non solo per le deflagrazioni.
Come molti altri italiani, lavorò nei cantieri delle Nazioni Unite, della metropolitana di Sixth Avenue, del Madison Square Garden oltre che al Rockefeller Center”. La vicenda di Cesidio e dell’albero del Rockefeller Center si è tramandata di padre in figlio, fino al 2015, anno in cui il New York Times, pubblicando un approfondimento, fece conoscere al grande pubblico questa bella storia, finita poi sui libri e nei musei. La clip con la voce narrante di Massimo Wertmuller e il testo di Maria Grazia Lancellotti sarà visibile sui social e all’interno di due musei da sabato 21 dicembre a lunedi 6 gennaio sia nel Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana di Genova in Piazza della Commenda che in quello del Museo del Novecento e della Shoah di San Donato Val di Comino (FR).
Un caro augurio di buone feste dal MEI