Nell'Area 08 del Museo, Italiani in Movimento, sono narrate le storie dei Coloni italiani in Africa.
Il periodo tra le due guerre mondiali segna per l’Italia la fine dell’emigrazione di massa. Le nuove restrizioni stabilite dai paesi d’immigrazione e l’avvento del regime fascista ridisegnarono i percorsi degli emigranti italiani, limitandone fortemente il diritto alla mobilità. Dopo aver raccolto in un primo tempo l’eredità dei governi liberali, dalla fine degli Anni Venti Mussolini inaugurò, infatti, una nuova strategia migratoria, in linea con la politica demografica del regime e rinsaldando il nesso fra emigrazione e politica estera. Nel 1927 venne abolito il Commissariato Generale dell’Emigrazione sostituito dalla Direzione Generale degli italiani all’Estero.
La scelta lessicale riflette la volontà di nascondere i problemi economici che spingono gli italiani a lasciare l’Italia. Negli anni Trenta si consolidò il mito della “Quarta sponda” e venne promossa dal governo l’emigrazione rurale verso la Libia; celebrando i fasti del rinato impero italiano, dopo il 1936, venne incentivato il trasferimento di persone e attività economiche verso i territori dell’Africa Orientale Italiana. Entrambe le operazioni si riveleranno fallimentari: nonostante i progetti dei gerarchi, i coloni italiani in Libia nel censimento del 1939 saranno soltanto circa 118.000; il progetto di colonizzazione demografica dell’Africa Orientale vide la partenza dall’Italia di circa 180.000 persone.
In entrambi i casi la maggior parte dei coloni italiani sarà costretta a rientrare in Italia durante la Seconda guerra mondiale e non farà più ritorno nelle terre d’Oltremare.